ANGOSCIA DI VIVERE: COSA FARE?

La vita non procede per riempimento di vuoti, ma per conquista di spazi interiori.

Roberto Assagioli

angoscia di vivereNella vita capita di attraversare momenti bui. A volte riconosciamo che c’è stato un evento, un qualcosa, che ha innescato questo stato d’animo. Altre volte invece è come se si alzasse una nebbia che piano piano ci avvolge e ci fa smarrire la strada. È un peso che ci schiaccia il cuore. È un vuoto immenso che ci fa paura. È l’angoscia di vivere.

Questa sensazione che abbiamo chiamato l’angoscia di vivere non si manifesta sempre allo stesso modo e con la stessa intensità. A volte si fa sentire per brevi momenti. A volte ci raggiunge e non ci lascia per lungo tempo, senza darci tregua. In mezzo a questi due estremi ci sono tutte le infinite sfumature della vita di ciascuno di noi.

Quando avvertiamo questa angoscia, la prima tentazione è scappare a gambe levate. Riempire il vuoto con qualsiasi distrazione a portata di mano. Molte forme di dipendenza (affettiva, da sostanze, da situazioni) servono proprio a coprire questo vuoto. Ma il vuoto non se ne và. L’angoscia di vivere resta.

Come possiamo fare allora? Perchè proviamo questa angoscia di vivere?

Sicuramente evitare di considerare l’esistenza di questo sentimento in noi non è molto utile. Edward Bach, il creatore della floriterapia che porta il suo nome, considerava l’esistenza umana come “un giorno di scuola” in un campo di apprendimento più vasto, che riguarda l’anima. È indubbio che nel corso della nostra esistenza apprendiamo cose importanti riguardo a noi stessi. Spesso gli apprendimenti del quotidiano non ci bastano e cerchiamo di espanderci ad altri significati. Sul senso dell’esistenza, ad esempio. Forse questi momenti bui possono essere visti sotto questa luce, come un’occasione di esplorare dentro noi stessi.

Dato che rifuggire l’angoscia di vivere non porta che un sollievo momentaneo, possiamo attuare un’alternativa, provare ad accettarla.

Questo senso di angoscia esiste, prendiamone atto ed esploriamolo. Come lo sento? Che sensazioni mi dà? Quali pensieri si associano a questa sensazione?

Questa esplorazione è favorita dalle pratiche meditative, quindi è molto importante conoscere e praticare regolarmente (trovi qui una pratica guidata). Questa angoscia di vivere parla anche della nostra storia personale. L’educazione, i fatti importanti della nostra esistenza, il contesto in cui siamo cresciuti e vissuti, hanno contribuito a plasmare le modalità con cui facciamo esperienza del senso di angoscia. 

Esplorando l’angoscia di vivere ed imparando ad accettarla, possiamo scoprirci addirittura ad apprezzare il suo valore. Queste sensazioni ci connettono col nostro sé profondo. È come se avessimo uno strato di nera fuliggine da pulire per raggiungere la luce dentro di noi. 

Altre volte questo senso di angoscia di vivere rimane con noi per lunghi periodi.

Anche in questi casi accettare l’esistenza di questo sentimento è utile. Accettare in questo caso non significa né assecondare né arrendersi. Ad ogni modo, se il senso di angoscia di vivere però è tale da interferire con le nostre attività quotidiane, con le relazioni o comunque incide sulla qualità della vita, è il caso di rivolgersi a un professionista adatto alle proprie esigenze che ci aiuti a comprendere e superare questa situazione.

In definitiva, i momenti difficili della nostra vita sono spesso i momenti in cui cresciamo di più. Comprendiamo meglio noi stessi, i nostri valori, la nostra storia. Certo, difficilmente saremo “felici” di provare l’angoscia di vivere, ma potremo imparare a farne buon uso, per esplorare noi stessi e raggiungere il nostro Vero Sè. Del resto, già Assagioli ci diceva quanto siano importanti questi momenti, in conclusione del libro “Psicosintesi”: 

La psicosintesi nel suo senso più alto e inclusivo è il risultato dell’azione di due forze, di due agenti, di due Centri in noi; l’uno personale e cosciente, l’altro spirituale e supercosciente. Il primo si manifesta soprattutto quale volontà consapevole, decisa e tenace, diretta alla meta… Il secondo è l’Io o Sè Spirituale, il Centro più alto del nostro essere, che compie l’opera, che completa e perfeziona quello che la volontà ha iniziato. Esso agisce in modo sottile, spesso inavvertito, dal di dentro e dall’alto, anzi non di rado più efficacemente opera quanto più ci sentiamo personalmente aridi, impotenti, avvolti di tenebra. 

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Anna Sari, psicologa

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