APPROCCIO PSICOSOMATICO AL TRATTAMENTO DEI DISTURBI

approccio psicosomatico al trattamento dei disturbiSi parla spesso di discipline olistiche, approccio psicosomatico, Mindfulness etc. Ma cosa significa in concreto tutto ciò? Cos’è l’ approccio psicosomatico al trattamento dei disturbi ?

L’umanità ha sempre utilizzato diversi tipi di approcci per curare le malattie del corpo e della mente. Le medicine tradizionali (orientali o sciamaniche) solitamente non operano una distinzione così netta tra mente e corpo. Considerano i problemi di salute come squilibri dell’animo.

La medicina e la psicologia occidentale invece si sono sviluppate a partire dal paradigma cartesiano. Esso opera una distinzione netta tra “materia” e “coscienza”. Ciò ha comportato una distinzione forte tra le due discipline (medicina e psicologia). Ha orientato anche a considerare più i parametri fisici e tangibili che gli aspetti psicologici più sottili.

Non è questione di giusto o sbagliato: l’evoluzione culturale e umana segue i propri percorsi storici. Non c’è nulla di assolutamente vero o buono e nulla di assolutamente falso o cattivo.

In tempi relativamente recenti anche la medicina e la psicologia occidentale stanno iniziando ad aprirsi a una nuova visione dell’essere umano, più integrata.

Ciò ha avuto spunto dal superamento del paradigma cartesiano a partire dal “Nuovo Paradigma” emergente dalle scoperte di fisica quantistica.

Quindi quando parliamo di approccio psicosomatico al trattamento dei disturbi dobbiamo imparare a comprendere il riferimento culturale e/o tradizionale e quale formazione abbia l’operatore che la pratica.

A grandi linee possiamo operare una sorta di classificazione:

  1. Operatori formati in discipline antiche e tradizionali (Yoga, Ayurveda, medicina Cinese, Tibetana, Sciamanica etc…). La formazioni in questi ambiti è molto legata alle attitudini e alle esperienze del singolo operatore. Sono importanti anche la sua comprensione in senso critico della tradizione e la sua capacità di terapeuta in senso lato.
  2. Operatori che applicano pratiche tradizionali senza essere inseriti all’interno di un contesto culturale e concettuale. Si tratta spesso di persone che in virtù di qualche spunto preso qua e là offrono un minestrone di pratiche. Esse non sono necessariamente dannose, ma quantomeno poco sistematizzate allo scopo di apportare beneficio a chi se ne avvale.
  3. Medici e psicologi. In questa categoria possiamo distinguere chi aderisce al paradigma cartesiano e quindi opera una netta distinzione tra mente e corpo e chi invece integra nella propria pratica un’attenzione alla persona nella sua interezza. In medicina e in psicologia le pratiche psicocorporee adottate necessitano di ricerca scientifica che ne validi l’efficacia e l’utilità. È questo il caso della Mindfulness.
  4. Operatori della salute dell’individuo, anche se non riconosciuti come figure sanitarie dalla legge italiana. In questo caso, non essendoci uniformità a livello territoriale rispetto alla formazione necessaria per accreditarsi, abbiamo un’ampia varietà di qualità professionali, spesso ad orientamento olistico. In questo caso è sempre bene valutare lo “spessore” della persona a cui ci si intende rivolgere anche rispetto alla rete professionale in cui è inserita.
Qualsiasi percorso di guarigione, crescita, terapia è basato, oltre che sulla tradizione di riferimento, sulle caratteristiche dei soggetti in relazione.

È importante la preparazione concettuale e pratica dell’operatore, il quale deve sapere e saper fare. E deve realizzarsi quella particolare combinazione tra persone, quella affinità e qualità relazionale tra terapista e paziente, affinché il percorso possa essere portatore di buoni risultati.

Ovviamente il mio riferimento, in qualità di psicologa, è alle pratiche che hanno ricevuto una validazione scientifica in merito all’efficacia nell’utilizzo. In ambito medico e psicologico ci possiamo riferire alla PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia) e alla Mindfulness. La PNEI ha offerto una base concreta di studi e dimostrazioni circa l’intreccio tra sistema nervoso, endocrino, immunitario e psicologico. La Mindfulness ha dimostrato la propria efficacia nell’agire contemporaneamente su tutti questi sistemi.

Il mio approccio psicosomatico al trattamento dei disturbi è basato quindi su una valutazione del funzionamento globale dell’individuo, nei suo aspetti fisici, emotivi e psicologici.

Ciò non significa assolutamente sostituirsi ad altre professionalità. Se un paziente ha una situazione che merita l’intervento di un medico, di un nutrizionista, di un osteopata o di altre professionalità è mia cura rimandarlo ad altri. L’approccio olistico, ovvero globale, necessita di un lavoro multidisciplinare. Nessuno può essere tuttologo e avere a cuore la salute del paziente significa anche fare un passo indietro quando le circostanze richiedono altri tipi di intervento.

La psicologia, nell’ approccio psicosomatico al trattamento dei disturbi , può compiere un ruolo importante. Può coordinare gli interventi e aiutare il paziente nel processo di auto comprensione dei propri meccanismi di funzionamento profondo.

A livello pratico nell’ approccio psicosomatico al trattamento dei disturbi troveremo una valutazione e un intervento che tenga conto contemporaneamente degli aspetti fisici/corporei, emotivi e psicologici. Gli strumenti utilizzati sono il colloquio, la Mindfulness psicosomatica, diversi esercizi di attivazione fisica ed emozionale, declinati secondo la necessità del paziente.

Spesso le persone hanno ancora una visione stereotipata del lavoro dello psicologo. Ignorano che fortunatamente la categoria si evolve ed è possibile trovare professionisti con diversi tipi di approcci e settori di specializzazione.

Se la terapia ad approccio psicosomatico ti interessa e rispecchia le tue necessità chiamami e fissa un appuntamento!

BIBLIOGRAFIA

Montecucco, N.(2010). Psicosomatica Olistica. Mediterranee

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Anna Sari, psicologa

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