CAMMINARE ALLA SCOPERTA DI SE STESSI

scoperta di seLa vita non è lineare. È un percorso tortuoso che ci spinge avanti e ci rimanda indietro, come le onde dell’oceano. Per questo la scoperta di se stessi è una necessità che continuamente si rinnova. Il nostro volto muta forma in accordo al percorso della nostra esistenza e allora l’esigenza di andare alla scoperta di se stessi non può essere rimandata.

La scoperta di se stessi è un’attività quotidiana. “Chi sono io” è una domanda esistenziale che ha senso in ogni istante, non necessita di grandi imprese. A volte però il quotidiano perde la sua capacità di stimolo e allora ricerchiamo qualcosa di “straordinario” per vedere chi siamo. Nel nostro quotidiano a volte facciamo fatica a vedere dove finiamo noi e iniziano le abitudini. Fatichiamo a cogliere la nostra essenza dai condizionamenti ricevuti a dover essere o fare una certa cosa. Abbiamo bisogno di ritrovarci, guardandoci con occhi puliti dalla patina dell’ordinarietà. 

A volte questa “straordinarietà” è ricercata in un viaggio. A volte in un viaggio a piedi. Così si decide di camminare alla scoperta di se stessi. 

Quando si decide di intraprendere un cammino si è già in viaggio, in un certo senso. Ci si prepara alla partenza, preoccupandosi di eliminare tutto ciò che è superfluo dal nostro bagaglio. Ho letto una scritta su un muro, una volta. “Tutto ciò che non serve, pesa”. Basterebbe preparare lo zaino per scoprirsi! Questa riflessione su necessario e superfluo si allarga alla nostra esistenza, in questo istante. Cosa è veramente necessario? Per raggiungere quale scopo? E cosa mi sto portando sulle spalle senza nessun motivo?

Poi si parte e il quotidiano diventa un ricordo lontano. Si cambia il ritmo delle giornate, si cambia il modo di mangiare, di rapportarsi agli altri. In un cammino, si è camminatori. Cambia la prospettiva di ciò che è importante: le gambe riposate, lo stato di salute dei piedi. Cibo nutriente, una doccia calda per alleviare la stanchezza dei muscoli.

Il ruolo che si ha nella vita non conta più niente. Conta quanta determinazione metto nel fare ancora un altro passo. Conta la mia capacità di contattare l’energia vitale e di saperla rispettare senza sprecarla. 

Tutto questo cambiamento modifica la prospettiva rispetto alle nostre identificazioni quotidiane. Se stamattina mi sono alzata prima dell’alba e ho camminato per 8 ore, come può essere così difficile pensare a una giornata in ufficio? Perché qui posso guardare agli esseri umani che incontro come a tesori da scoprire? Come possono appannarsi così tanto le pupille da farmi vedere meno l’immenso amore che provo per i miei cari?

In un cammino a piedi il tempo si dilata. Si ha l’impressione di essere in viaggio da una vita anche solo dopo pochi giorni. Le riflessioni che maturano, se si ha l’intenzione di farle maturare, raggiungono delle profondità prolifiche.

È necessario un atteggiamento di fiducia.

Fiducia nei confronti della vita, nei confronti di se stessi, nei confronti degli altri. Fiducia che i bisogni necessari non saranno insoddisfatti. Fiducia che dietro al prossimo angolo si troverà quel piccolo tesoro di cui ho bisogno in questo momento. A volte questo tesoro è un bastone, a volte una mela, a volte un amico, a volte una pietra. 

Se si cammina abbastanza a lungo da dimenticarsi quasi della vita quotidiana, si scopre che ciò che cambia è soprattutto qualcosa di interno.

Questo è un punto fondamentale. Il paesaggio diverso, magari anche la lingua. I diversi riti quotidiani, il diverso ordine di priorità alle cose, favoriscono il cambiamento che è soprattutto interno. A un certo punto del Cammino alla scoperta di se stessi, ci si accorge che è la patina sulle pupille il problema. È l’atteggiamento del nostro cuore a renderci possibile il contatto con noi stessi e gli altri. Ed è questo il punto. Ogni piccola esperienza, ogni fiore, ogni respiro, ogni pietra, diventano meraviglie da scoprire e assaporare. Ma forse non abbiamo fiori, respiri e pietre nella nostra vita di ogni giorno? 

I chilometri aumentano ed aumenta anche la nostra capacità di affrontare la sfida. E scopriamo che non importa il risultato, che in fondo è scontato. Conta il viaggio, il nostro. E ci accorgiamo dell’inutilità della competizione e del confronto. E ci accorgiamo della ricchezza delle sensazioni nostre e dei compagni di viaggio che incontriamo. 

scoperta di seE quando il viaggio finisce e incontriamo finalmente l’oceano, o qualunque sia la meta che abbiamo scelto, ci accorgiamo di appartenere a questo mondo. Di valere né più né meno di ogni singola goccia che compone l’oceano davanti a noi. 

Il viaggio alla scoperta di se stessi è compiuto. Una piccola impresa, una prova di determinazione, una prova di fiducia, una prova d’amore. Dentro di noi vivono queste qualità. Fondamentalmente sappiamo di avere queste ed altre risorse, ma a volte serve affrontare una sfida, una prova con noi stessi per sentirle dentro la carne. 

Per approfondire:

quattro passi… con lo psicologo 1 – Perché camminare

quattro passi… con lo psicologo 2 – Camminare. Il viaggio, la scoperta

quattro passi… con lo psicologo 3 – Camminare: panacea di tutti i mali?

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Anna Sari, psicologa

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