Abbiamo parlato di comportamento assertivo, di diritti e autostima. Perché queste condizioni possano realizzarsi è necessario che anche il pensiero segua la stessa direzione, in quanto le azioni sono sostenute da modi di pensare. E’ quindi necessario individuare e modificare quei pensieri che ci allontanano dall’esercizio dei diritti assertivi.
Tutti noi siamo soggetti a un fenomeno detto distorsione cognitiva, ovvero un meccanismo che agisce quando ragioniamo piegando il pensiero verso determinate conclusioni non logiche.
Beck e Ellis, fondatori del cognitivismo, ne hanno individuate alcune:
- Inferenza arbitraria: trarre conclusioni in mancanza di evidenze
- Astrazione selettiva: significa concentrarsi s aspetti particolari della situazione, tralasciandone altri, magari più importanti
- Generalizzazione: trarre conclusioni di carattere generale basandosi su singoli episodi
- Ingigantire/minimizzare: tendenza ad esaltare o ridurre l’importanza di particolari circostanze
- Lettura del pensiero: significa essere convinti di sapere ciò che prova o pensa un’altra persona, senza avere chiesto al diretto interessato
- Pensiero assolutistico: significa vedere le cose in modo tutto o nulla (“O prendo 30 all’esame o la mia vita non vale nulla”)
- Catastrofizzazione: significa pensare che il futuro sarà sicuramente pieno di circostanze terribili
- Ragionamento emozionale: credere che qualcosa sia vera perché viene percepita come tale
- Personalizzazione: attribuirsi la responsabilità di eventi esterni, anche in mancanza di evidenze in questo senso.
Questo genere di distorsioni fa parte del nostro modo di pensare, servono a rendere più rapido il processo di elaborazione della realtà, ma a volte ci fanno arrivare a conclusioni non vere e che ci ostacolano nella realizzazione di noi stessi.
Per realizzare davvero un comportamento assertivo è quindi necessario imparare a riconoscere i pensieri disfunzionali. Ma cosa sono?
Nel corso della vita ciascuno sviluppa una serie di convinzioni che funzionano come filtro interpretativo della realtà. Tale sistema di credenze contiene principi, concetti e idee che si collegano tra loro in modo da influenzarsi reciprocamente e non è sempre logico e coerente. Le caratteristiche principali dei pensieri disfunzionali sono:
- Dogmatismo (o doverizzazione) consiste nel pensare in termini di dovere (ad es. devo dare sempre il massimo, non devo dare confidenza agli sconosciuti) che A. Ellis considera “escrescenze educative”
- Insopportabilità che consiste nella convinzione di non essere in grado di far fronte a determinate circostanze o di non poter tollerare certe situazioni
- Condanna cioè una valutazione completamente negativa di sé o di altri
- Catastrofismo che consiste nel pensare che nonostante qualsiasi azione intrapresa le cose volgeranno per il peggio
- Assolutismo che consiste nel ritenere che esistano condizioni che si devono assolutamente realizzare, bisogni indispensabili da soddisfare anche quando non è così.
Ellis ha individuato alcune idee disfunzionali, eccone alcuni esempi:
- Devo essere sempre amato dalle persone per me significative
- Devo essere sempre efficace e competente
- Quando gli altri si comportano male è giusto giudicarli in modo completamente negativo
- Le cose devono sempre andare come dico io, altrimenti il mondo è orribile e inaccettabile
- Le mie emozioni negative dipendono dall’esterno e io non posso agire su di loro
- Se qualcosa mi fa paura è giusto che io mi preoccupi e la affronti con ansia
- Se qualcosa mi sembra difficile è meglio evitarla anziché affrontarla
- Il passato determina il presente e non posso farci nulla
- Io sono debole e ho bisogno di qualcun altro a cui aggrapparmi
Questi pensieri sono comunissimi e molto diffusi, li applichiamo spesso alle circostanze più diverse delle nostre vite, nonostante ci portino a formulare ipotesi del tutto irrealistiche e a trarre conclusioni sbagliate, oltre che disfunzionali. Questo perché tali pensieri sono automatici, e richiedono un certo sforzo per essere individuati. Va da sé, che riconoscersi i diritti assertivi e applicarli a sé e agli altri è in contrasto con questo tipo di pensiero. Una volta individuati, i pensieri disfunzionali necessitano di una ristrutturazione cognitiva, cioè una sorta di confutazione e aggiustamento seguendo dei criteri di veridicità e realismo, utilità rispetto ai propri scopi e stimolo rispetto a una responsabilità individuale con assunzione di un atteggiamento proattivo.
Questo percorso che si snoda tra diversi livelli di pensiero e di comportamento era già stato espresso efficacemente da Gandhi, che offre un invito a impegnarsi in un percorso di sviluppo personale:
“Mantieni i tuoi pensieri positivi, perché i tuoi pensieri diventano parole.
Mantieni le tue parole positive, perché le tue parole diventano i tuoi comportamenti.
Mantieni i tuoi comportamenti positivi, perché i tuoi comportamenti diventano le tue abitudini.
Mantieni le tue abitudini positive, perché le tue abitudini diventano i tuoi valori.
Mantieni i tuoi valori positivi, perché i tuoi valori diventano il tuo destino.”
Gandhi
Bibliografia:
Anchsi R., Dessy M.G. (1995) “Non solo comunicare. Teoria e pratica del comportamento assertivo” Ed. Libreria Cortina, Torino
Baggio F. (2013) “Assertività e training assertivo. Teoria e pratica per migliorare le capacità relazionali dei pazienti” Franco Angeli, Milano
Galeazzi A.,Meazzini P.(2004) “Mente e comportamento. Trattato italiano di psicoterapia cognitivo-comportamentale” Giunti Ed.