PERCHE’ SCEGLIERE LA PSICOLOGIA POSITIVA

Nella pratica professionale (e spesso anche in altri contesti 😉 ), ho ricevuto richieste di aiuto in ambiti molto lontani dalla patologia, ma riguardanti problematiche che ci toccano indistintamente, come ad esempio la necessità di cambiare qualcosa nella propria vita, di trovare un nuovo lavoro, un amore che finisce, la ricerca di una maggiore conoscenza di sé. Nell’ampio ventaglio di teorie e modelli di intervento che la psicologia offre, ho trovato di grande utilità l’apporto della Psicologia Positiva, in cui si inserisce la cosiddetta Psicologia del Benessere. Tali approcci pongono le basi per degli interventi di consulenza psicologica mirata alla specifica tematica oggetto di interesse con una finalità di sviluppo delle risorse del cliente, che giunge, attraverso il lavoro su di sé, alla propria soluzione per oltrepassare l’ostacolo che si trova ad affrontare.
Ma vediamo brevemente di cosa si tratta.
La Psicologia Positiva nacque circa vent’anni fa dalla constatazione che il “modello patologico” ovvero l’intervento sul malessere, su “ciò che non va”, risulta spesso insufficiente a promuovere benessere.
Si avviò quindi un profondo cambio di approccio che portò alla nascita di una nuova branca della psicologia, la Psicologia Positiva appunto, che si discosta dal modello di “correzione” di ciò che non funziona, concentrandosi invece sul potenziamento delle risorse e sulla valorizzazione delle capacità.
Secondo Martin Seligman (2002) sono tre i pilastri della Psicologia Positiva:
• Vissuto soggettivo positivo
• Analisi delle caratteristiche umane positive
• Funzionamento positivo di famiglia comunità e istituzione
La Psicologia Positiva abbraccia tematiche quali la piena realizzazione della persona, l’ottimismo, la qualità e la soddisfazione di vita dei cittadini e delle nazioni (evidenziando il “paradosso della felicità”), il potere delle emozioni positive, la perfetta sintonia con l’ambiente (esperienza ottimale o “flow”), la forza della resilienza, l’invecchiamento positivo, i vantaggi della prosocialità.
E’ evidente che questi ambiti non mirano a “curare” o a tenere sotto controllo i sintomi, ma mirano a far rifiorire l’essere umano, ad aiutarlo a raggiungere una completa realizzazione di sé come persona, con una visione globale del vissuto umano, intrecciato con l’ambiente e la società.
Spesso le situazioni di “crisi” richiamate all’inizio possono giovare di un’applicazione contestualizzata e mirata di approcci nati proprio nell’ambito della psicologia positiva e sostenuti da una competenza professionale (quella dello psicologo) capace di accompagnare il cliente in questo percorso.
Ad esempio Seligman (1996), partendo dallo studio della depressione, identificò il concetto di “impotenza appresa”, una sorta di incapacità di reagire alle situazioni avverse, che è a sua volta capace di influenzare profondamente il nostro stile esplicativo delle situazioni della vita. In sostanza Seligman capì che la depressione può essere compresa alla luce delle spiegazioni che le persone si danno di ciò che succede loro. Partendo da questo ambito specifico, elaborò poi una teoria generale riferita appunto allo stile esplicativo, cioè al tipo di spiegazioni che diamo di successi e fallimenti. Di fronte ad un insuccesso possiamo attribuire la responsabilità del fallimento a noi stessi, agli altri oppure alla sfortuna e ritenere queste spiegazioni specifiche per il particolare evento oppure derivanti da nostre caratteristiche stabili. Allo stesso modo davanti al successo possiamo ritenerci abili oppure fortunati e riferire questa spiegazione alla situazione specifica o a caratteristiche personali stabili.
Secondo Seligman lo stile esplicativo viene appreso dalle persone a partire dai primi anni di vita, attraversando successi e fallimenti e metabolizzando le spiegazioni di questi eventi, ovviamente influenzate dagli adulti che offrono, più o meno intenzionalmente, spiegazioni al riguardo.
Spostando l’attenzione dei suoi studi dalla depressione alle caratteristiche delle persone di successo verificò che esse hanno effettivamente uno stile esplicativo ottimistico e sembrano immuni dall’impotenza appresa, ovvero hanno la capacità di non demordere davanti al fallimento, ma di proseguire nel raggiungimento dell’obiettivo, spesso riuscendo effettivamente a raggiungerlo.
Mise quindi a punto delle linee guida per imparare, nel vero senso della parola, a essere ottimisti, partendo dalla comprensione del proprio personale stile esplicativo per giungere a modificare in senso positivo e funzionale le nostre convinzioni riguardo la realtà.
In realtà questo è solo un piccolissimo esempio di applicazione della psicologia positiva, riferito specificatamente al funzionamento mentale, che potrebbe essere integrato da approcci rivolti anche ad altri processi, come le tecniche di rilassamento.
In definitiva, lo psicologo positivo ha le capacità per intervenire in diverse situazioni, favorendo il percorso di sviluppo personale del cliente, attraverso l’integrazione di metodologie scientificamente fondate. E tu? Hai delle domande che vorresti rivolgere a uno psicologo positivo? 🙂

http://www.clustermagazine.it/il-giardino-palestinese-dove-i-fiori-crescono-in-vecchi-candelotti-lacrimogeni/

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BIBLIOGRAFIA
Steca P. (2005). Occupiamoci di benessere: la psicologia positiva
Seligman M.P. (2002). Foreword: The past and future of positive psychology
Seligman M.P. (1996). Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero

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Anna Sari, psicologa

2 Comments

  1. Complimenti, bello l’articolo !!! Mi piace perche esponi i pensieri di Seligman che sono “WOW” (non mi vengono le parole per esporre cio che sento, posso dire pero che voglio saperne di piu) !!! Quando avro un po di tempo e finiro di leggere il mio libro attuale, potrei magari prendermi “La costruzione della felicita” per approfondire un po …

  2. Grazie per il tuo feed-back! vedrò di parlarne ancora allora! 🙂

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