ALLA SCOPERTA DELLE EMOZIONI: LA TRISTEZZA

sad-476039_1280Nel percorso di approfondimento delle emozioni negative non può di certo mancare la tristezza, sentimento che si accompagna a situazioni che viviamo come perdita di qualcosa di importante. Anch’essa, come le altre emozioni negative, ha un forte valore adattativo, in quanto ci permette di concentrare l’attenzione su ciò che abbiamo perduto, lasciandoci in uno stato di sospensione che consente di elaborare il lutto per la perdita, capirne il significato, metabolizzarlo e infine concentrarsi su nuovi progetti.

La tristezza è vissuta soggettivamente come una sensazione negativa, di vuoto, di angoscia opprimente. A livello di processi di pensiero le persone tristi tendono a rimanere impegnate in riflessioni riguardanti la propria tristezza e trovano molto difficoltoso riuscire a concentrarsi su altro. Spesso si sperimenta anche una mancanza di piacere per attività che normalmente tali risultano e a livello fisiologico si è in uno stato di scarsa attivazione. Visto il valore adattativo, la tristezza quindi non è un’emozione da evitare, ma da utilizzare in modo che sia utile e non si protragga troppo a lungo.

La tristezza è un’emozione molto comune e le persone adottano diverse strategie per fronteggiarla. Ad esempio, spesso si ritiene sia utile stare da soli. Tale strategia però non è sempre efficace, in quanto spesso aggiunge il senso di solitudine alla tristezza. Molto più utile impegnarsi in attività di socializzazione, in quanto ciò serve a distrarre la mente dalla tristezza; attenzione però che passare il tempo con qualcuno allo scopo di rimuginare ulteriormente sulla propria misera condizione non consente di raggiungere lo scopo desiderato. Le persone avvolte dalla tristezza giustificano questi rimuginii con la necessità di capire meglio se stessi; in realtà però innescano solo pensieri che perpetuano lo stato d’animo senza fare qualcosa per cambiarlo veramente. Altre strategie spesso messe in atto riguardano distrazioni momentanee come shopping, cibo, alcool. Tali attività si accompagnano però spesso al senso di colpa per aver ecceduto, portando di fatto a un aumento della tristezza anziché a una sua effettiva diminuzione.

Risulta essere una strategia più efficace imparare a mettere in discussione i pensieri oggetto di ruminazioni, metterne in dubbio la validità e cercare alternative più positive. E’ molto efficace operare un reinquadramento cognitivo, ovvero cercare di considerare la situazione in un modo diverso. Ad esempio una rottura sentimentale può portare ad elaborare pensieri molto sconfortanti (nessuno mi vuole, rimarrò sempre solo). Ma è possibile anche adottare un altro punto di vista, che faccia riflettere su ciò che nella relazione passata non funzionava (e quindi era fonte per noi di sofferenza) portando a vedere la perdita in una luce più positiva. Per lo stesso motivo, ad esempio, i pazienti oncologici riescono ad essere di umore migliore se confrontano la propria situazione con pazienti in situazioni peggiori (confronto verso il basso). Questo genere di confronto ha un effetto immediatamente rasserenante e ciò che sembrava tanto deprimente sembra poi meno grave. Anche programmare ad hoc attività piacevoli che distraggano è utile: fare ginnastica aerobica (ad esempio una corsa, o una passeggiata) è efficace perché modifica lo stato fisiologico di bassa attivazione che accompagna la tristezza. Oppure organizzarsi un piccolo successo come ad esempio portare a termine un’incombenza o affrontare un lavoro di casa a lungo rimandato, oppure impegnarsi in attività di cura di sé che possano migliorare il tono dell’umore e farci sentire meglio con noi stessi. Anche aiutare gli altri è una strategia efficace nel risollevare l’umore malinconico: la tristezza è alimentata da pensieri relativi al sé, empatizzare e aiutare persone che soffrono di conseguenza fa stare meglio.

Nell’approfondimento della tristezza merita un breve accenno la teoria dell’impotenza appresa di Seligman (1975). Egli ipotizzò che alla base della depressione (che potremmo considerare come uno stato di estrema tristezza che si protrae per lungo periodo) ci fosse l’impotenza appresa ovvero la reazione di rinuncia che nasce dalla convinzione che qualsiasi azione si possa intraprendere non sarà importante o utile a modificare la situazione. Questa teoria come modello per la depressione ha ricevuto alcune critiche, ma resta la validità dell’individuazione dello stile esplicativo pessimista capace di infondere impotenza in chi lo adotta. Lo stile esplicativo è il modo usato dalle persone per interpretare le cause degli eventi. Se tale stile è pessimista è più probabile cadere in depressione, è probabile avere meno successo rispetto a quanto si potrebbe averne in virtù delle proprie capacità, e porta a un peggior funzionamento dello sistema immunitario con conseguenze per la salute.

Lo spunto offerto da Seligman è molto importante: dal momento che è possibile modificare il proprio stile esplicativo, è possibile imparare a sfruttare le proprie emozioni e i propri pensieri per conoscere se stessi e progredire nel proprio sviluppo personale, anche con l’aiuto, quando serve, di un professionista.

BIBLIOGRAFIA

Goleman D. (1996) “Intelligenza Emotiva”, R.C.S, Milano

Galeazzi A.,Meazzini P.(2004) “Mente e comportamento. Trattato italiano di psicoterapia cognitivo-comportamentale” Giunti Ed.

Seligman M.P. (1996). “Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero” Giunti Ed.

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Anna Sari, psicologa

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